Paure – Un pezzo di Vita – No alla Violenza

imagesRicordo che un insegnante mi disse questa frase molti anni fa :
“scoprirete purtroppo che il lupo non si veste solo da lupo”.
Quella frase mi colpì e non so perché mi rimase appiccicata addosso nascosta appena sotto la superficie.
Quella sera ero in camera con un libro in mano i miei in cucina che urlavano, andai al pc per alzare la musica e in quel momento vidi su facebook una richiesta d’ amicizia di un certo Michael di Torino.
Non lo conoscevo ma decisi di accettarla.
Mi scrisse subito disse di essere un ragazzo di 26 anni chitarrista in cerca di un posto di lavoro fisso, di vivere a Torino con la madre, appassionato di macchine da corsa, libri e dei gun’s roses (un ragazzo normale, come tanti).
Io gli dissi di avere 20 anni e di vivere con i miei, gli dissi che amavo l’università, i libri e i concerti di gruppi emergenti.
Il giorno dopo parlammo ancora e ancora.. divenne un rito passare le serate a chiacchierare con lui.
Diventammo sempre più intimi e lui mi raccontò del padre che non l’ha mai voluto conoscere, del bellissimo rapporto con la madre e di quello difficile che aveva invece coi fratellastri.
Io gli parlai della mia famiglia e dei miei problemi alimentari che ogni tanto tornavano a tormentarmi.
Decidemmo di scambiarci i numeri per comodità, per poterci sentire anche quelle sere dove non si stava davanti al pc.
Non ricordo esattamente quando dopo tante chiacchierate decidemmo di incontrarci ne il perché ma ricordo perfettamente il giorno in cui lo vidi.

Il viaggio in treno sembrò eterno, mi controllai il trucco ogni due secondi. Arrivai in duomo con venti minuti di anticipo, ricordo che provai a leggere un po’ Cartesio, ma neanche lui riuscì a distrarmi. I venti minuti passarono anche se in agonia e mi avvicinai alla galleria.
Lo riconobbi subito.
Michael era esattamente come mi aspettavo bello, particolare, con quell’aria strana da ragazzo maledetto. Parlammo un po’ del più e del meno entrambi imbarazzati e curiosi poi ci sedemmo sulle panchine alla piazza della scala, ho sempre adorato questo posto.
Non ricordo come accadde ma so che fu una cosa naturale come mangiarsi le unghie quando si è agitati, ci baciammo per ore.
Nella testa sentivo ancora le raccomandazioni di Ilaria, la mia migliore amica, ma c’è un momento nella vita di ognuno in cui si decide di lasciarsi andare anche se non è giusto, anche se non si può, anche se prima bisognerebbe… insomma anche se il cervello ci sta urlando contro di non farlo. E nonostante tutto io mi lasciai andare. Ricordo l’attimo esatto in cui mi innamorai di lui, in cui zittii il cervello e mi abbandonai a lui, e da quel momento tutte le ragioni si spensero.
Quella sera tornai a casa felice, felicissima con le orecchie immerse nei The Killers senza pensare a nulla.

La settimana passò lentissima continuammo a sentirci e mi mancò da impazzire, la notte non dormivo e di giorno era un continuo aspettare un suo messaggio.
Sabato dopo il lavoro presi il treno e partii.
Ai miei dissi solo che stavo fuori a dormire. Arrivai in stazione Porta Susa a Torino, e li passò a prendermi.
Mi portò a casa sua, sua madre non c’era fino al giorno dopo.
Ci saltammo addosso subito, ci baciammo come se fosse ossigeno e stessimo annegando, facemmo l’amore in maniera brutale come se ne valesse della nostra vita attaccandoci a quel momento, disperati.

Al mattino lo trovai sul balcone con in mano il mio telefono. Litigammo per ore urlammo, poi lui mi raccontò dei suoi problemi di fiducia verso le persone e della sua gelosia ossessiva.
Mi disse che credeva di amarmi e di aver paura di perdermi.
Io scelsi di non vedere, scelsi di credere di poterlo cambiare di poter aiutarlo a risolvere il suo problema.
Fui stupida e superflua anzi decisi di essere stupida e superflua, decisi di non ascoltare tutto ciò che il buon senso mi stava dicendo, avevo bisogno di lui.

Nella settimana la situazione peggiorò, lui un attimo era la persona più dolce del mondo e l’attimo dopo diventava geloso e offensivo.
Iniziò a farmi mille domande se non rispondevo subito ad un messaggio, si arrabbiava se uscivo con le amiche o con i vecchi compagni di classe.
Io decisi di assecondarlo di fargli capire che non mi avrebbe persa gli dissi che gli avrei fatto conoscere le mie amiche così sarebbe stato più tranquillo.

Nel weekend venne a prendermi a casa, gli diedi l’indirizzo pensando che ormai non ci fosse più nulla da temere e come d’accordo andammo in un locale con Ilaria e il suo ragazzo che io detestavo, come avevo confidato a Michael.
Lì la serata sembrò proseguire in maniera tranquilla finché non mi alzai per prendere una boccata d’aria, quando tornai li vidi zittiti ed imbarazzati.
Ilaria mi guardava furente non capivo cosa fosse successo.
Ilaria e il suo ragazzo decisero di andare mi sembrò strano ma non gli diedi peso pensando che magari avessero discusso fra di loro.
Io e Michael andammo in hotel facemmo l’amore. Abbracciati a letto mi raccontò che Ilaria le era piaciuta un sacco e che anche il suo ragazzo era simpatico.

Il giorno dopo Michael partì e dopo poco mi chiamò Ilaria furiosa, disse che Michael aveva confessato che non sopportavo Luca, il suo ragazzo, disse che lo ritenevo uno stupido zoticone.
A volte per proteggersi piuttosto di ammettere un errore si decide solo di urlare più forte senza pensare che tutto si può spezzare senza credere che si sta ferendo qualcuno.
E io così feci mi arrabbiai a mia volta con lei.
Iniziammo a dirci un sacco di cattiverie forse dimenticandoci anche il perché tutto fosse iniziato. Smettemmo di sentirci una sempre più arrabbiata con l’altra solo per l’incapacità di fare un passo indietro.
I miei erano troppo occupati a litigare per vedermi per considerarmi. Con Ilaria ormai era guerra aperta e quando anche il resto delle amiche presero le difese di lei fu il disastro. Mi sentii sola e ferita. C’era solo lui: Michael, era sempre li mi faceva compagnia, mi stava sempre vicino. Avrei potuto arrabbiarmi con Michael ma se avessi litigato con lui sarei rimasta sola, avevo il terrore di ritrovarmi abbandonata da tutti. Lui quando gli riferii l’accaduto mi disse che avevo amici di un livello troppo basso per me dovevo mirare più in alto che forse quel litigio era un bene per staccarmi da loro. Io mi arrabbiai ma ero stufa di litigare e scelsi di non dire nulla.

Il weekend successivo andai da lui, sua madre era di nuovo via. Lui era strano facemmo l’amore come sempre con la stessa sensazione di perdersi e ritrovarsi nello stesso istante.
Poi lui iniziò a darmi dei “consigli” , disse che secondo lui dovevo dimagrire ancora cinque kili o sei, che dovevo indossare i tacchi, vestirmi in un certo modo, fare un po’ di attività fisica, tenere i capelli così e….io avevo le lacrime agli occhi mi faceva sentire uno schifo, ogni parola era un pugnale.
Lui sapeva dei miei problemi alimentari, del fatto che mi sentivo costantemente un brutto anatroccolo non capivo perché doveva farmi questo.
Lui vide che stavo male iniziò a dirmi che lo faceva per me che era per aiutarmi ad essere più bella.
Io morii dentro ma non dissi nulla e tornai a casa.

Quella settimana ero ripiombata nei problemi alimentari mangiavo il meno possibile e se capitava che eccedevo vomitavo.
Lo ascoltai cercai delle scarpe col tacco e abbandonai i miei buon vecchi anfibi, pensai che in fondo aveva ragione dovevo crescere.

Il sabato finito il lavoro partii di nuovo col treno e il paio nuovo di tacchi alti.
A Porta Susa come sempre era li ad aspettarmi era felicissimo dei mei tacchi andammo subito a casa sua e facemmo l’amore la sua reazione mi rese felice, lui mi faceva sentire bene.
Il giorno dopo mi porto in giro per Torino mi disse dov’era l’università e mi disse che potevo andare a stare da lui trasferirmi cercare li un lavoro e continuare i miei studi. Ero felice e pensai che fosse totalmente pazzo nello stesso istante.
Non avevo ancora capito quanto lo potesse diventare davvero.

Durante la settimana Michael divenne sempre più esigente sui vestiti che dovevo indossare, su come dovevo tenere i capelli e il peso ma poco importava mi piaceva essere bella per lui. E più io mi sforzavo per essere come lui mi voleva più lui era ossessionato dall’idea che io potevo andarmene da lui.
Faceva scenate assurde se non rispondevo subito ad un messaggio o se non mi trovava. Sapeva il mio numero di casa e qualche sera chiamava per controllare che non fossi uscita. Io ceravo di rassicurarlo più che potevo, non volevo farlo preoccupare, lui era tutto ciò che mi era rimasto.
I problemi alimentari peggiorarono drasticamente ormai vomitavo ogni volta che mettevo qualcosa in bocca ancora cinque kili, mi dicevo, ancora cinque kili e sarei stata perfetta.

Il weekend dopo decise di venire lui da me in un locale qui in zona suonava un gruppo che io adoravo e quindi decidemmo di andare li.
Passò a prendermi, io mi vestii, pettinai e truccai esattamente come lui voleva.
Appena entrammo trovai dei miei vecchi amici, ero felicissima, andai subito a salutarli e decisi di sedermi con loro.
Michael andò su tutte le furie mi strinse il braccio mi disse che dovevo stare con lui io mi scrollai e andai da loro…Matteo e lucia mi presentarono le altre persone al tavolo erano ragazzi e ragazzi tutti più o meno della mia età che conoscevo di vista, io presentai Michael che si mise, subito dopo da solo al bancone a bere.
Io facevo la spola tra il bancone dove c’era lui e il tavolo.
Michael era furibondo continuava a dirmi che dovevamo andare via che ero una stupida e che dovevo fare come diceva lui.
Io gli dicevo di calmarsi erano solo amici miei che appena il gruppo finiva ce ne saremmo andati.
Poi mi alzai e andai in bagno.
Successe tutto in un secondo ma la mia testa l’ha memorizzato nei minimi particolari, ogni sensazione è fissa dentro di me.
Sentii qualcun prendermi il braccio e farmi girare era Michael gli sorrisi ma lui aveva la faccia rabbiosa, mi strinse una mano al collo, e mi disse: “ tu devi fare quello che dico io” .
Poi arrivo un pugno.
Io rimasi immobile, bloccata, come se non fossi li.
Il pugno arrivò forte tanto da farmi sbattere la nuca contro il muro e farmi cadere a terra su quelle gelide mattonelle.
Arrivò qualcuno prese Michael e lo portò via.
Io rimasi li seduta sul pavimento del bagno con la testa che pulsava ed uno strano sapore di sangue in bocca, lì, ferma a cercare di capire se ciò che era successo fosse vero.

Degli istanti dopo non mi ricordo nulla ricordo solo il freddo delle mattonelle e il caldo che provavo alla testa, la vergogna, il rimorso.
Ricordo che qualcosa dentro di me fece un tonfo, non so cosa ma dall’alto l’ho sentito sprofondare nello stomaco e iniziare a pulsare.
Qualcuno mi portò a casa, io ero un’automa, rispondevo, parlavo, camminavo, ma come se tutto stesse andando avanti in automatico, la vera me era ancora ferma sulle mattonelle fredde di quel bagno.

Arrivata a casa mi lavai la faccia e poi mi guardai allo specchio e vidi cos’ero diventata avevo le occhiaie profonde dovute ai digiuni e al vomito il labbro gonfio per il pugno e gli occhi vuoti mi facevo schifo.
Ricordo di essermi lavata la faccia diverse volte quella sera come se l’acqua avesse il potere di cambiare ciò che successe come se potesse cancellare il disgusto che provavo per me stessa come se quell’acqua potesse togliere lo sporco che mi sentivo addosso, uno sporco profondo che si attacca all’anima.
Li mentre davanti allo specchio decisi di odiarmi, decisi di farmi schifo.

Il mattino dopo tutto sembrava andare come sempre. dissi ai miei che avevo sbattuto la faccia contro la porta, non so se ci credettero o no ma gli avevo dato una scusa per non preoccuparsene.
Uscii, non sopportavo quelle mura intrise di non detti e andai a fare una passeggiata. Il mondo andava avanti come niente fosse, io ero morta dentro, ma le vecchiette erano in ghingheri per andare a messa, il signore della villa in fondo portava fuori il cane, mi salutarono come se io esistessi ancora.
Non so cosa mi aspettassi ,non so cosa pensassi di trovare, forse avevo paura che qualcuno notasse che stavo morendo dentro o forse speravo che qualcuno lo vedesse e mi aiutasse.
Non so perché quella sera invece di reagire, invece di provare rabbia provai dolore, dolore per ciò che ero, come se quel gesto era ciò che meritavo, non so perché scelsi di cadere invece di combattere, ma so che il dubbio che mio padre aveva messo in me qualcosa di schifoso era racchiuso in me quella sera sboccio in tutta la sua forza.
#Stellaguerriera

 

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